Dopo giorni di indiscrezioni, è arrivata la conferma da parte della FIFA. Il presidente Gianni Infantino ha presentato la nuova formula del Mondiale per club che si giocherà in Cina.
Il Mondiale per club, competizione annuale in cui si sfidano solo le vincenti delle varie coppe continentali, manterrà la struttura attuale fino al 2020.
Dal 2021 si trasformerà in una vera e propria Coppa del Mondo che si giocherà ogni quattro anni. Si sfideranno 24 squadre, tra i principali club del mondo. I criteri per la selezione delle squadre non sono ancora noti.
Ha lasciato un po’ più di perplessità la scelta del paese ospitante: la Cina. Le partite della competizione si terranno in maniera itinerante in otto città diverse, scelte tra Shangai e altre dieci.
La polemica sulle violazioni dei diritti umani in Cina
Non si erano ancora spente le polemiche tra il governo di Pechino e la NBA ed ecco l’arrivo di questa assegnazione.
Il proprietario degli Houston Rockets si era infatti espresso a sostegno delle proteste che si sono tenute ad Honk Hong.
Amnesty International ha sollevato il dubbio che si stia offendo una vetrina che permetta alla Cina di ripulire la propria immagine agli occhi del mondo, offrendo una finta immagine di apertura e tolleranza, nascondendo però gli abusi e la repressione di ogni forma di dissenso politico e religioso.
Dopo i passati eventi in Paesi dove spesso si violano i diritti civili e umani, la FIFA aveva promesso di assegnare l’organizzazione di eventi sportivi solo a Paesi rispettosi delle libertà civili.
Di fronte alle perplessità sollevata dalla stampa, il presidente Gianni Infantino ha risposto che “non spetta alla FIFA risolvere i problemi del mondo”.
“Ci sono problemi in questo mondo, dovunque, sono tempi difficili”, continua il presidente della FIFA.
Alla fine Infantino ammette: “Spero che la Cina aiuterà la Fifa dal punto di visto finanziario, il campionato produrrà incassi altissimi”. In sintesi: di fronte al dio denaro chiudiamo occhi, bocca e orecchie.
Il caso Italia e l’Arabia Saudita
Caso analogo lo abbiamo vissuto in Italia: la Supercoppa Italiana si è giocata l’anno scorso e si rigiocherà anche quest’anno in Arabia Saudita.
L’anno scorso era scoppiata la polemica per la presenza allo stadio di settori interdetti alle donne. Ma ciò non ha impedito di rinnovare il contratto di partnership anche quest’anno.
L’Arabia Saudita è partner commerciale dell’Italia, ma è un paese in cui notoriamente le libertà civili individuali sono negate, in cui vige la sharia e in cui le donne sono trattate alla stregua di soprammobili.
Allo stesso modo dovremmo chiederci se sia il caso di far disputare la prossima finale di Champions League a Istanbul dopo gli ultimi avvenimenti, ma sopratutto visto che quello di Erdogan è un regime illiberale in piena regola.
Ma si sa che di fronte a qualche milione di euro ci si può dimenticare di tutto. Sicuramente però esistono modi più virtuosi per sviluppare il business.
È chiaro che il discorso sia molto più complesso: esistono rapporti politici e commerciali con questi paesi che vanno ben oltre qualche partita di calcio ogni 4 anni.
Ma forse è arrivato il momento di cominciare a chiedersi se vale la pena rinunciare ai diritti umani per accedere ai mercati commerciali.