HomeDirittoIl governo non vuole pubblicare i documenti del lockdown: cosa nasconde?

Il governo non vuole pubblicare i documenti del lockdown: cosa nasconde?

Il Tar, lo scorso 22 luglio, ha deciso che i documenti secretati del lockdown prodotti dal Comitato Tecnico Scientifico dovessero essere resi pubblici. Il governo non è d’accordo e ha fatto ricorso.

Tutti i provvedimenti presi negli ultimi mesi, compresi i DPCM e il lockdown, sono seguiti a vari documenti e verbali del Comitato Tecnico Scientifico (CTS).

Ad aprile il Codacons aveva trovato 350 ventilatori, ritenuti non idonei dal CTS. Dopo essersi visti negare l’accesso ai verbali del CTS, il Codacons accusò la Protezione Civile di aver mentito sulla trasparenza degli atti.

La risposta arrivò direttamente dal Capo di Gabinetto del Ministero della Salute Tiziana Coccoluto che definì i verbali richiesti come “secretati”.

Pierpaolo Sileri confermò: «Sono stati blindati. Né io, né la sottosegretaria Sandra Zampa abbiamo potuto vederli». Questo nonostante il viceministro sia la seconda carica più importante del Ministero della Sanità.

Così la Fondazioni Luigi Einaudi ha fatto ricorso al Tar, dopo il rifiuto da parte del governo di produrre i verbali del CTS che contenevano le motivazioni per le quali 60 milioni di italiani sono stati costretti in casa.

Il 22 luglio il Tar ha deciso di accogliere il ricorso con una sentenza che «Dichiara l’obbligo della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile di consentire alla parte ricorrente di prendere visione ed estrarre copia della documentazione richiesta». Quindi doveva essere reso tutto pubblico entro trenta giorni.

Ma a quanto pare il governo ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar, per non rendere pubblici gli atti.

Il governo ricorre all’appello per non mostrare i documenti del lockdown

Nell’appello, consultabile sul sito della Fondazione Luigi Einaudi, l’Avvocatura Generale dello Stato chiede una sospensione cautelare della sentenza di primo grado.

Il motivo della richiesta risiede in questo estratto: «I dpcm, oggetto dell’odierno contenzioso sono atti amministrativi generali, frutto di attività ampiamente discrezionale ed espressione di scelte politiche da parte del Governo che trovano la propria fonte giuridica nella delega espressamente conferita dal legislatore all’esecutivo in un atto avente forza di legge […] e rinvengono la propria ragione nell’esigenza temporanea ed urgente di contenere e superare l’emergenza epidemiologica causata dal Covid-19».

La risposta è arrivata prontamente dalla Fondazione con le parole dell’avvocato Andrea Pruiti Ciarello. Ha affermato: «È grave aver fatto l’appello perché dimostra che il governo non è disponibile ad essere trasparente su atti così importanti. Atti che hanno compresso i diritti e le libertà costituzionali per i cittadini come mai nella storia della Repubblica».

La Fondazione ha poi invitato il governo a ritirare il ricorso per permettere ai cittadini di visionare e giudicare le motivazioni delle decisioni prese. La risposta dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Foto: YouTubeYouTube