HomeItaliaFalsi morti covid, la rabbia dei parenti: perché vogliono incrementare i dati?

Falsi morti covid, la rabbia dei parenti: perché vogliono incrementare i dati?

La triste storia dei falsi morti covid va avanti da marzo. Alcuni ricorderanno il giovane Fabrizio Marchetti. Perché, se siamo di fronte a un virus tanto potente, c’è bisogno di incrementare il numero dei decessi?

Da quando è iniziata l’emergenza covid diversi giornali locali e nazionali hanno pubblicato titoli fuorvianti.

In diversi casi hanno scritto di persone morte di covid mentre le cause erano da attribuire a ben altre patologie.

Pochi giorni fa la La tribuna di Treviso ha pubblicato un articolo con questo titolo: “Coronavirus, lutto a Codognè: non ce l’ha fatta Walter Fantuz”.

Falsi morti covid, la testimonianza di Samantha

Grazie a una segnalazione arrivata in redazione abbiamo appreso che la figlia del defunto aveva commentato e specificato che il padre non era morto di coronavirus ma per colpa di un tumore.

“Lui è mio papa – aveva scritto sotto l’articolo – è stato trovato positivo ma senza nessun sintomo legato al covid. È morto per il tumore, di certo non di covid. La sfortuna ha voluto che qualche giorno prima di morire è stato trovato positivo, dopo un tampone di routine”.

Abbiamo contattato la figlia per farci raccontare come sono andate le cose. Si chiama Samantha e ci ha confermato che il titolo non corrisponde alla realtà dei fatti.

Mi è dispiaciuto leggere quel titolo. Soltanto all’interno dell’articolo è stato specificato che mio padre non era morto per covid. Viene menzionato il coronavirus come se lui fosse morto di quello. In realtà mio padre era già molto grave tanto è vero che, diversi mesi fa, i medici ci dissero che avrebbe vissuto soltanto per altri due mesi”.

A maggio gli era stato riscontrato un tumore all’esofago. Samantha ci ha spiegato che il padre ha contratto il coronavirus proprio all’interno della struttura ospedaliera.

“Da quando ha contratto la positività è stato abbandonato e non abbiamo più potuto rivederlo, neanche quando è morto”.

Il padre della ragazza aveva compiuto sessant’anni a marzo. Aveva vissuto per molti anni a Codognè, dove gestiva un’attività insieme alla moglie. Era molto conosciuto e stimato.