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Docente sospeso: «Obbligato per non finire in TI ma posso morire di fame»

Un docente di lettere è stato sospeso per non essersi vaccinato. Alessandro Macchia, questo il suo nome, ha scritto un post nel quale ha raccontato la sua esperienza.

“Ieri è stato il mio ultimo giorno di scuola. Il governo ha stabilito che, in quanto non vaccinato, io sono un pericolo pubblico”.

Secondo il docente con questo provvedimento sono stati calpestati diritti imprescindibili in una democrazia.

“Solo gli stolti possono ancora credere che il provvedimento abbia un valore sanitario. Io dico che solo gli ingenui possono ancora pensare che il pericolo sia davvero rappresentato dagli individui che non si sono prestati alla sperimentazione di massa. Io dico che uno Stato non può esercitare il suo potere attraverso il ricatto”.

Docente sospeso: “L’Italia è una dittatura fondata sul ricatto”

Per il professore l’art. 1 della nostra Costituzione andrebbe riscritto così: “L’Italia è una dittatura fondata sul ricatto”.

Del resto – ha detto – di cosa altrimenti stiamo parlando? Lo Stato dice che devo vaccinarmi per non finire in una terapia intensiva. Però mi lascia morire di fame”.

Macchia ha spiegato la sua situazione personale. “Mi toglie lo stipendio per almeno 6 mesi. Mi toglie perfino quella quota di assegno assistenziale per campare ogni giorno che non si nega neppure a chi subisce una sospensione per sanzione disciplinare. Praticamente da oggi io non avrò più un introito. Ma le tasse devo comunque pagarle”.

Il professore ha scritto di non volersi piegare a costo della sospensione e finanche del licenziamento. “Ho deciso di ribellarmi. Ho lavorato per anni. Ho lavorato bene. Sempre. Ho dato tutto me stesso ai miei alunni. Più di quello che la scuola mi chiedeva”.

A testimoniare l’ottimo lavoro sono stati propri i suoi alunni, che gli hanno manifestato calore, affetto e solidarietà. “Sono stato inondato di lettere, di disegni, di pensieri che mai nessuno avrebbe creduto. È stato sorprendente anche per me, che pure sono abituato a questi gesti di amore”.

Un affetto che ha incoraggiato il professore ad andare avanti nella battaglia: “Che è anche e anzitutto una battaglia per il loro stesso futuro, per la loro futura libertà, contro quello stesso strumento di controllo totalitario che è lo stesso famigerato greenpass”. Foto: Facebook