200 medici di base hanno creato una chat di confronto nella quale hanno ideato un protocollo vincente, che comprende l’idrossiclorochina, contro il virus. Tra i loro assistiti nessun decesso.
Nella puntata del primo dicembre della trasmissione Un giorno speciale di Radio Radio è stato ospite il dottore Andrea Mangiagalli.
Il medico di Pioltello (Milano) e la collega Laura Frosali hanno creato una chat di WhatsApp a fine febbraio per scambiare informazioni con altri medici sull’evoluzione del virus e i trattamenti per i pazienti.
La chat “Medici in prima linea” in poco tempo ha coinvolto circa 200 medici: «È stata una salvezza».
200 medici di base trovano il protocollo vincente
Questa iniziativa ha permesso ai medici di confrontarsi anche nei periodi in cui ufficialmente non vi era alcun tipo di trattamento per questa malattia.
«Siamo arrivati a pensare a un trattamento combinato con: idrossiclorochina, eparina e azitromicina», ha spiegato il dottor Mangiagalli.
L’idrossiclorochina
«Avevamo capito che trattare questi malati a casa precocemente, senza lasciarli con la febbre a 38.5 solo con la Tachipirina, è stata un’arma vincente».
Il 23 marzo, insieme ad altri due colleghi più anziani del gruppo, è stato comunicato all’interno della chat il trattamento che i medici hanno iniziato a utilizzare.
I pazienti selezionati erano quelli a più alto rischio: sesso maschile, età superiore ai 50 e con almeno un fattore di rischio aggiuntivo (ipertensione, diabete o una malattia respiratoria cronica).
«La cosa è stata abbastanza sorprendente. Improvvisamente i pazienti, nel giro di pochi giorni, stavano bene», ha raccontato il dottor Mangiagalli.
Le cifre parlano chiaro. I ricoveri in ospedale non superano il 5% dei pazienti trattati. «Il dato importante è che nei pazienti domiciliari non abbiamo avuto nemmeno un decesso», ha spiegato il medico di base.
Dottori completamente isolati
Inizialmente l’informazione era che si trattava di polmonite interstiziale ma poi hanno capito che c’erano altri aspetti legati alla coagulazione. «Ma le polmoniti interstiziali si conoscono da tanti anni quindi le abbiamo curate altre volte».
«Quando abbiamo capito che era una cosa più complessa, abbiamo messo insieme i sintomi ripetitivi e a quel punto non avevamo neanche bisogno di visitarli».
Le prime informazioni sulle autopsie non sono arrivate tramite canali ufficiali. Per la prima volta le informazioni uscivano direttamente dai reparti ospedalieri. Anche i 200 medici della chat “Medici in prima linea” ottenevano notizie dai colleghi che lavoravano in ospedale.
«I medici di Medicina Generale erano completamente isolati, fuori dal mondo. Non abbiamo avuto nessuna informazione dagli organi competenti se non una marea di circolari di tipo amministrativo e burocratico. L’idea di cosa fare con questa malattia a noi è stata preclusa per mesi».